Piero Italiani, il tuffatore non udente
“Nelle rotazioni dei salti mortali, non potendo sentire l’allenatore, avevo studiato dei punti di riferimento per scegliere quando aprirmi. In gara, il Giudice Arbitro mi faceva un cenno per la partenza” ma dalla piattaforma dei 10 m, non era sempre facile scorgere l’ok del Giudice. Piero Italiani è non udente dalla nascita, ma ciò non gli ha impedito di arrivare 6° ai Giochi di Los Angeles 1984, miglior risultato olimpico dell’Italtuffi tra i tempi di Klaus Dibiasi e Giorgio Cagnotto e l’era di Tania Cagnotto “A 11 anni nuotavo, ma avevo difficoltà a sentire lo starter; poi vidi Klaus, mio futuro coach, tuffarsi in tv e fui preso dall’entusiasmo per questo sport – ma non fu facile convincere i tecnici che, anche senza sentirli, potesse comunque capirne le indicazioni mentre stava sul trampolino – finché feci un provino in Fiamme Oro, seguito dallo stesso Dibiasi, e l’allenatore Adriano Giannini mi prese nel suo vivaio”. Lo sport “Mi ha permesso d’inserirmi in ambienti, meccanismi ed esperienze, a cominciare dalle Olimpiadi piene di bei ricordi e forti emozioni, che non avrei mai conosciuto – fino a diventare, al termine della carriera agonistica – membro della segreteria FIN, nello staff organizzativo e amministrativo. Se il mio esempio può incoraggiare altri non udenti a perseverare? Sicuramente, ciascuno nel proprio campo, può inserirsi e a progredire. Ma è molto difficile essere capiti”. E mentre i tuffi evolvono “Oggi sono più spettacolari e offrono più scelte agli atleti, e il movimento italiano è cresciuto – Piero Italiani suggerisce, contro lo spettro dell’oblio tra i giovani, di – sfruttare occasioni televisive come Assoluti e Grand Prix per raccontare in tv i grandi del passato”.
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